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Recensione di Lucia Guidorizzi a VERDE LAGUNA

Che cos’è una laguna? E’ un microcosmo d’acque costiere, separato dal mare da un cordone litorale interrotto da bocche di accesso, spesso costellato da isole, ma in realtà è molto di più. E’ un luogo d’acque, un amnios che nutre piante, animali, uomini, in cui gli stessi si sviluppano, crescono, muoiono.

Che colore è il verde? E’ un colore di vita, di germinazione, di rigenerazione e di trasformazione, ma è anche il colore velenoso della stagnazione, della putrefazione.

Verde Laguna è un colore particolare, più delicato e più audace di altre gradazioni di verde, è un colore magnetico che emoziona e cattura, come la lettura dell’omonimo romanzo di Silvia Favaretto.

In “Verde Laguna” Mazzanti Editore 2022, la vicenda narrata è una storia vera che si snoda tra due poli opposti, la morte e la vita: teatro di queste vicende è la Laguna di Venezia.

“La storia si scrive in matita” mi disse qualche anno fa un mio alunno non particolarmente studioso, ma intelligente e capace di cogliere le esitazioni, le cancellature, le reinterpretazioni e le reticenze delle narrazioni collettive. Queste parole mi sono rimaste impresse e le trovo particolarmente calzanti per la restituzione storica che Silvia Favaretto compie in questo libro a proposito di eventi che caratterizzarono una pagina drammatica e difficile da metabolizzare nella storia di Venezia.

Il 14 agosto 1944 fu un giorno terribile, una pagina nera per la città che già stava soffrendo molto per le precarie condizioni economiche in cui versava durante la guerra. Quel giorno Venezia subì il primo e forse unico bombardamento da parte di tre cacciabombardieri alleati. L’operazione si svolse in due fasi: prima fu bombardata una motonave diretta a Chioggia che si trovava in laguna nei pressi di Malamocco e ci furono ventiquattro vittime. Subito dopo gli aerei si diressero verso il bacino di San Marco per colpire la nave-ospedale tedesca Freiburg che si trovava ancorata in riva degli Schiavoni. Proprio lì stava salpando una motonave diretta a Fusina, piena di veneziani che andavano in terraferma nella speranza di riuscire a recuperare un po’ di cibo. A bordo c’era Velda, la bisnonna materna di Silvia. Nel momento in cui la motonave stava per partire, i cacciabombardieri sganciarono quattro bombe che la colpirono. Quindici persone morirono all’istante, mentre i feriti, molti dei quali in gravissime condizioni, tra i quali Velda che morì per le ferite devastanti, furono portati al pianterreno dell’Hotel Metropole, sulla Riva degli Schiavoni, dove fu allestito un pronto soccorso d’emergenza.

Il numero delle vittime era destinato a crescere, alla fine i morti salirono a cinquanta. I funerali si svolsero nella Basilica di San Marco, ma in seguito questo terribile evento divenne un pezzo di storia rimossa, dimenticata. La memoria di questa tragedia rimane viva solo nel ricordo dei familiari, ormai anziani, ed è appunto dai racconti di nonna Ida, la figlia di Velda, che Silvia ha appreso le circostanze che costarono la vita della sua bisnonna.

La vicenda narrata nel libro parte dunque da un evento doloroso e traumatico e si sviluppa nel corso degli anni mentre Venezia muta, come mutano le condizioni e le aspettative dei tre fratelli, rimasti orfani di entrambi i genitori e cresciuti in collegio.

Le acque verdi della Laguna, verdi come gli occhi di Velda, circondano Venezia e riflettono i cambiamenti della storia individuale e collettiva.

La scrittura, quand’è forte e consapevole come quella di Silvia Favaretto, è in grado di trasformare il passato, risanandone i vissuti dolorosi, versando balsamo sulle ferite, avventurandosi in un vero e proprio percorso alchemico di rinascita.

Restituire voce a chi non c’è più, questo è il più grande atto d’amore.

(Articolo apparso sul numero di Agosto 2022 di Amicando semper diretto da Enzo Santese. Caricatura di Lorella Fermo.)


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