DELLA SCRITTURA COME SCELTA DI FELICITA’ Occuparsi di sé è un atto di risveglio, una rivelazione anche attraverso la pratica artistica e letteraria, che può avere una ricaduta anche sugli altri. Scrivere è dedicare del tempo alla propria anima e anche dare agli altri, senza aspettative di ritorno. Dare è gratificante, non è affare nostro se poi quello che abbiamo dato non ci ritorna. La vita di solito s’incarica di restituire, magari non dalla stessa persona alla quale abbiamo dato, e va bene così. Abbiamo il dovere di essere felici, di scegliere la felicità, non aspettandoci la felicità da fuori, perché non si può trarre felicità, se non effimera, da fuori, ma costruire uno stato interiore di gioia e gratitudine. Creare una felicità assieme, in due, è molto difficile, rischia di diventare una dipendenza: la responsabilità di rendere felice un altro essere umano è un peso insostenibile, alla lunga. Quando la nostra felicità diventa dipendente da un altro, gli stiamo cedendo la sovranità di noi stessi, la nostra libertà. La felicità è una questione intima, personale e autosufficiente. Per me spesso la felicità coincide con la scrittura: essa mi permette di “entrare” nelle esperienze, addentrarmi nella bellezza, contemplarla e cantarla sentendomi completa e appagata.
(Nella foto BRISEIDE, flag book)
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